L’eleganza da sfogliare. Moda, stile e frivolezze nelle riviste della Belle Epoque

Il mito della Belle Époque, che ancora oggi ci appare come una stagione memorabile animata da un’incredibile euforia, è il riflesso del respiro europeo e del desiderio d’innovazione che hanno segnato fondamentali cambiamenti nella società, nel gusto, negli stili di vita e nella comunicazione.

Questo clima effervescente, ancora capace di coinvolgere pienamente il pubblico, rivive al MAGI’900 in una sezione della collezione permanente il cui allestimento accosta una grande varietà di immagini che celebrano la figura femminile, soggetto che fu senza dubbio tra i più amati e ricorrenti in tutte le arti visive negli anni di passaggio tra Ottocento e Novecento.

Bellissime e intriganti, oggetti del desiderio ma ormai proiettate verso l’emancipazione, le donne rappresentate nell’arte, nella decorazione, nell’editoria, nella moda e nella pubblicità di quel periodo furono, infatti, innumerevoli e i loro tratti, sospesi tra realtà e immaginario, sono ancora oggi riconoscibili come icone di uno stile ineguagliato.

L’esposizione è scandita da una ricca selezione di sculture, opere pittoriche, grafiche e editoriali che ricostruiscono una panoramica di respiro internazionale intorno ad alcuni capolavori molto noti, come il dipinto Il Cappellino azzurro del ferrarese Giovanni Boldini e le litografie del suo amico francese Paul Cèsar Helleu, o quasi del tutto inediti, come le tempere del centese Aroldo Bonzagni e di Lutz Ehrenberger, artista austriaco che ha continuato a interpretare lo spirito della Belle Époque anche nei decenni immediatamente successivi.

L’ampia disponibilità di straordinarie riviste illustrate consente di rinnovare periodicamente l’esposizione per proporre percorsi tematici particolari. Attualmente, cogliendo l’occasione della grande mostra Boldini e la moda al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, il filo conduttore è quello dell’eleganza, che non solo le riviste di moda, ma anche quelle satiriche e di costume, seppero interpretare e diffondere come mai prima di allora.
Le bacheche del museo offrono così un vero spettacolo di merletti, scarpette, bustini, eccentrici cappelli e abiti fantasiosi, una “sfilata di modelle di carta dall’incarnato d’avorio” immortalate da artisti e illustratori di gran classe, che interpretarono le rapide e incessanti trasformazioni del gusto. Elegantissime e leggiadre, sfrontate nell’indossare i primi pantaloni, maliziose in lingerie immacolate, ondeggianti nelle gonne a campana, altere sotto enormi cappelli piumati: le dame della Belle Époque, eterne e bellissime, escono dai manifesti, prendono vita tra le pagine di libri e riviste, ammiccano dalle copertine patinate.

Tra i tanti autori in mostra figurano Toulouse- Lautrec, Rezniceck, Cappiello mentre tra le pubblicazioni ricordiamo Le Sourire, Gil Blass, Le Frou Frou, La Vie Parisienne, Fantasio, L’Assiette au beurre, Le Rire, Jugend, Moderne Kunst, Lustige Blätter e le italiane Margherita, Cordelia, La Domenica del Corriere, L’illustrazione, La scena illustrata.
Da non perdere infine i fantastici disegni di costumi per i veglioni in maschera di Giuseppe Palanti , veri voli dell’immaginazione che ancora oggi invitano alla gioia del travestimento, e le dissacranti vignette satiriche che smascherano vizi e virtù delle signore chic, come quelle uscite dalla spregiudicata matita di Aldolphe-Léon Willette.

 

Per maggiori informazioni: www.magi900.com/omaggio-alla-femminilita-nella-belle-epoque-da-toulouse-lautrec-a-ehrenberger-2

Mostra fotografica “Scatto all’artista”

La mostra presenta una selezione di 30 fotografie originali d’epoca in massima parte inedita di Giancolombo (1921 – 2005), protagonista del fotogiornalismo italiano ed europeo del secondo dopoguerra e fondatore dell’ Agenzia Giancolombo News Photos.

Si tratta di servizi fotografici giocati tra cronaca e storia e dedicati ai maestri dell’avanguardia europea del primo Novecento quali Georges Braque, Salvador Dalí, Giorgio De Chirico, Pablo Picasso e degli anni Cinquanta e Sessanta quali Lucio Fontana e Georges Mathieu.
Per la prima volta quest’anno, come omaggio a Dalí, in occasione del trentennale della sua morte, viene presentata la sequenza della performance, all’insegna della VITA=ARTE, tenuta dall’artista spagnolo nel ’61 al Teatro La Fenice di Venezia.
Le fotografie esposte sono state scattate nelle capitali internazionali della cultura e della mondanità tra l’ Italia, la Francia e la Spagna. Si tratta di ritratti di artisti ripresi in studio o in azione, durante cerimonie ufficiali o di intermezzi giocati a casa di amici, in cui gli artisti mettono in scena se stessi e che la fotografia elevata ad arte, ferma e restituisce colmando il vuoto esistente tra il fluire della vita dell’artista e la formalizzazione dell’opera d’arte .
Il rapporto tra Giancolombo e Lucio Fontana, attualmente celebrato nella retrospettiva del Metropolitan di New York, costituisce un caso a sé. Per il maestro argentino-milanese, Giancolombo realizzerà la documentazione fotografica dell’intera opera dagli anni Cinquanta fino al ’68. Giancolombo, per mezzo della fotografia, effettua una lettura parallela del lavoro di Fontana muovendosi tra studi, cortili, tagli e buchi, attraverso un’interpretazione che supera gli aspetti narrativi e offre inedite possibilità di visione e di comprensione.
Giancolombo (Gian Battista Colombo) nasce nel 1921 a Venezia. Sin dall’adolescenza si appassiona alla fotografia, i suoi primi scatti da ragazzino sono i tetti di Venezia ripresi dall’altana di casa sua. Mentre frequenta la Facoltà di Ingegneria all’Università di Padova, deve abbandonare gli studi per il fronte di Guerra. Dopo la fine del conflitto si ferma a Milano, dove viene in contatto con gli ambienti del giornalismo. Nel 1946 è assunto a “Il Corriere Lombardo” come “cronista con macchina fotografica” e pubblica la sua prima foto, accreditata con un errore di stampa che darà origine al nome con cui firmerà da quel momento i suoi scatti. Ma è nel 1947 che l’United Press Photos chiede a Giancolombo di dirigere il servizio giornalistico fotografico per il Nord Italia, pur mantenendo la sua collaborazione con il Corriere Lombardo.
Nel 1949 Giancolombo fonda la “Giancolombo News Photos”, la propria Agenzia, a cui si affidano tutti i principali quotidiani e settimanali, non ultimo Paris Match, per cui Giancolombo tratta la corrispondenza per il Nord Italia. Da qui a macchia d’olio nel successivo lustro, collabora con le più importanti agenzie fotogiornalistiche nel mondo. L’Agenzia è al massimo dello sviluppo, i servizi di Giancolombo riempiono le pagine de L’Europeo, Tempo, Settimo Giorno, Oggi, Gente, Epoca, Le Ore di Salvato Capelli, Panorama; e all’estero Paris Match, Life, Picture Post, Stern, Jours de France, Daily Express.
Divenuto celebre per l’inventiva e il tempismo dei suoi scoop – il delitto Bellentani a Villa d’Este, il bagno di Churchill al Lido di Venezia, il Matrimonio Romanov-Gherardesca – Giancolombo esprime però la sua massima versatilità come inviato di testate quali Tempo e L’illustrazione Italiana, con reportage che sono il racconto di momenti storici e quotidiani dell’Italia e del mondo, la documentazione di un’epoca ripresa con l’occhio dell’artista.

 

Per maggiori informazioni: zero.eu/it/eventi/142815-scatto-allartista,bologna/

Io sono una poesia

Io sono una poesia” in mostra ai Musei Civici,  l’arte modenese del decennio ’62-’72“.

Inaugurazione con brindisi, domenica 16 dicembre alle 17 ai Musei civici di Palazzo dei Musei a Modena in largo Sant’Agostino, per la mostra “Io sono una poesia”. Parole sui muri e le arti negli anni Sessanta tra Modena e Reggio Emilia”, che sarà allestita e visitabile gratuitamente fino al 5 maggio del 2019. Con un’ampia selezione di opere e un allestimento studiato per coinvolgere, la mostra realizzata dai Musei civici modenesi in collaborazione con quelli di Reggio Emilia e con Fondazione Modena Arti Visive, offre uno spaccato del vivace clima artistico e culturale che caratterizzò le due città tra il 1962 e il 1972.

L’esposizione è stata presentata in anteprima giovedì 13 dicembre dall’assessore alla Cultura Gianpietro Cavazza con Francesca Piccinini, direttrice dei Musei civici e co-curatrice della mostra insieme a Stefano Bulgarelli e Luciano Rivi, e con Elisabetta Farioli, direttrice dei Musei civici di Reggio Emilia

La mostra “Io sono una poesia” è la seconda tappa di un’indagine volta a restituire il clima culturale e artistico tra Modena e Reggio Emilia negli anni ’50 e ’60, un periodo fertile per entrambe le città e caratterizzato da continui scambi e relazioni. Il primo step, sugli anni ’50, era stato affidato alla mostra “Incubi e sogni di provincia. Giorgio Preti e le arti a Modena e Reggio Emilia negli anni del miracolo economico”, organizzata tra il 2016 e il 2017 sempre ai Musei civici di Modena.

Sullo sfondo di un benessere diffuso, cambiamenti di stili di vita e dirompenti trasformazioni sociali culminate nel ’68, il variegato fermento creativo è evidente nelle arti visive e nel teatro, nella musica, nella poesia sperimentale, nel design, nell’architettura, nella grafica, nel fumetto e nell’animazione. La convergenza tra volontà istituzionali e ricerche individuali raggiunse un momento importante nel 1967-68 con l’evento di Fiumalbo “Parole sui muri”, la prima manifestazione nazionale di avanguardia diffusa a cui partecipano decine di artisti provenienti dall’Italia e dell’estero. Il loro lavoro collettivo per le strade del paese ne estende la partecipazione agli abitanti ed è proprio questo aspetto ad essere rievocato in mostra, vissuto dal pubblico in prima persona e riassunto nel titolo “Io sono una poesia”, frase presa a prestito da una performance della prima “Parole sui muri”.

La mostra mira a restituire anche la dimensione partecipativa come connotazione sociale del vivere degli anni ‘60 e ‘70, attraverso pannelli e video.

Il fulcro espositivo è rappresentato dall’invito a “diventare” un’opera d’arte entrando nel cerchio che ripropone l’“Omaggio a Piero Manzoni” di “Parole sui muri, ‘67”, che sarà il filo conduttore della promozione social.

Per maggiori informazioni: www.museicivici.modena.it/it/notizie/io-sono-una-poesia

Sebastião Salgado - Notarie

Sebastião Salgado

Esposizione “Africa” in anteprima nazionale del fotografo Sebastião Salgado. Dal 9 febbraio al 24 marzo 2019 a Reggio Emilia.

Salgado è uno dei fotografi più importanti dei nostri tempi. Si è conquistato questa fama grazie ai reportage realizzati in diversi decenni per testimoniare la vita delle popolazioni povere ed emarginate, scattando potentissime immagini in bianco e nero nei luoghi più remoti del Pianeta. Non solo povertà Salgado, è molto vicino ai destini dei migranti e con i suoi scatti vuole richiamare l’attenzione del pubblico sulle loro sofferenze.
Durante i primi viaggi nel continente africano, per conto dell’Organizzazione Mondiale del Caffe, Salgado inizia a conoscere l’Africa comprendendo immediatamente che per trovare delle soluzioni ai problemi del Terzo mondo, era necessario che questi venissero documentati. Inizia così una missione cui dedica 30 anni della sua vita.

Lo strumento che lo porterà a realizzare i suoi progetti sarà la macchina fotografica, con la quale produce oltre 40 reportage, immortalando tribù dalla Namibia al Sudan, la natura travolgente dei paesaggi della Regione dei grandi laghi, seguendo rotte e destini dei rifugiati in ogni parte del continente durante periodi storici e mutamenti climatici differenti. Con le sue foto Salgado ci fa toccare con mano i disastrosi effetti prodotti da guerre, carestie, malattie e condizioni climatiche ostili, riuscendo sempre a cogliere l’essenza di momenti unici. L’osservare una sua foto, ci cattura e ci fa emozionare, conducendoci dritto dentro quel luogo, al fianco di quella persona.

L’esposizione fotografica di Sebastião Salgado, suddivisa in due parti e dislocata su due sedi: la prima parte raccoglie il lavoro realizzato nei viaggi e nelle esplorazioni di Salgado tra il 1974 e il 2005 nel sud del continente tra Mozambico, Malawi, Angola, Zimbabwe, Sud Africa, Ruanda, Uganda, Congo, Zaire e Namibia. La seconda è dedicata ai reportage realizzati dal 1973 al 2006 nelle Regioni dei Grandi laghi tra Repubblica Democratica del Congo, Burundi, Tanzania, Zaire, Kenya Ruanda e nelle regioni sub-sahariane Mali, Sudan, Somalia, Chad, Mauritania, Senegal, Etiopia.

Universo Futurista

Universo Futurista è il nome della mostra che si tiene presso la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli. L’esposizione presenta una selezione di opere dalla collezione della Fondazione Cirulli e pone l’accento su tematiche centrali dell’estetica futurista come l’inno alla vitalità creativa, alla giocosità e alla fantasia di un’arte che rallegra il mondo ricreandolo integralmente, riprendendo le parole del Manifesto “Ricostruzione Futurista dell’Universo” redatto nel 1915 da Giacomo Balla e Fortunato Depero.

L’estetica futurista muove i suoi passi da un nuovo modo di concepire la creazione artistica, che supera i confini delle arti tradizionali e coinvolge la vita quotidiana nella sua totalità per diventare “arte totale”, creando un legame strettissimo tra arte e vita. Universo Futurista approfondisce questa nuova concezione estetica attraverso l’accurata selezione di dipinti, sculture, oggetti di design, disegni progettuali, fotografie e fotomontaggi, manifesti pubblicitari e documenti autografi di ogni genere realizzati da artisti futuristi dal 1909 fino alla fine degli anni ‘30 del Novecento.

Attraverso una straordinaria varietà di opere della Fondazione Cirulli, il percorso espositivo propone “ambientazioni” dedicate a tematiche care ai futuristi come la velocità, l’energia, il progresso, l’uomo meccanizzato e il design domestico, che si organizzano attorno a cinque unità strutturali principali: la sala della conquista dell’aria, il muro dei manifesti, le “costellazioni “, le “orbite” e gli “spazi“. In mostra un nucleo di oltre 200 opere realizzate in diversi materiali, forme e misure create da artisti quali Balla e Boccioni.

Per informazioni: fondazionecirulli.org

Lutz & Guggisberg. Il giardino-Notarie

Lutz & Guggisberg: Il Giardino

Il Giardino è il nuovo progetto ideato e realizzato da Lutz & Guggisberg per la Collezione Maramotti.
Prima personale in una istituzione italiana del duo di artisti svizzeri, la mostra è organizzata in occasione del festival di Fotografia Europea 2018, dal titolo “Rivoluzioni. Ribellioni, cambiamenti, utopie”. L’esposizione si sviluppa in un percorso di cinque sale e presenta oltre venti fotografie di formati diversi montate su pannelli e con interventi pittorici, insieme ad agglomerati di oggetti di recupero selezionati dagli artisti in alcuni magazzini locali.

Cabine, attrezzi da lavoro, tavoli, sedie, vasche di plastica dai colori sgargianti, cassette, tubi di gomma: nelle fotografie tutto sembra divelto e ribaltato da un apparente uragano appena trascorso, l’atmosfera visiva post apocalittica delle scene rimanda al passaggio recente di una presumibile catastrofe naturale, così come può evocare un possibile processo di distruzione violenta da parte dell’uomo. Nello stesso tempo queste immagini presentano una bellezza intrinseca, una composizione armonica di colori e forme in cui si manifestano piccoli dettagli lirici, connessi sia a elementi umani (il piano di un tavolo tondo che diventa una luna terrena, una casetta tranciata in due parti ricomposte sottosopra) che naturali (bucaneve e crocus che nascono tra le macerie, bulbi di cipolle che spuntano sotto alle tavole, un gatto che dorme).

Queste immagini testimoniano la rottura violenta di un ordine costituito e l’affermazione della Natura come forza irriducibile e inesorabilmente più potente dell’uomo e della sua storia: nel processo di distruzione e ricostruzione della realtà, la Natura riprende il suo corso su ciò che l’uomo crea. La rivoluzione si manifesta qui come movimento in una doppia declinazione: il cambio di traiettoria, lo spostamento da una data condizione e insieme il ritorno, dall’andamento circolare, dei cicli naturali.  Gli interventi pittorici sulle immagini stampate rappresentano una realtà ultra-fotografica, generano una dimensione altra, forse utopica, che è propria di ogni processo artistico.

Per informazioni: www.collezionemaramotti.org

Roy Lichtenstein e la Pop Art americana

Una mostra che riunisce oltre 80 opere di Roy Lichtenstein  e degli altri grandi protagonisti della Pop Art americana; per evidenziare sia la sua originalità che la sua appartenenza a uno specifico clima, sono presenti infatti, a confronto con quelle di Lichtenstein, anche opere iconiche di Andy Warhol, Mel Ramos, Allan D’Arcangelo, Tom Wesselmann, James Rosenquist e Robert Indiana. Un appuntamento unico nel suo genere, reso possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Magnani-Rocca con celebri musei internazionali e prestigiose gallerie e collezioni private.

Lichtenstein ha influenzato grafici, designer, pubblicitari ed altri artisti contemporanei, tanto che ancora oggi è possibile riscontrare riferimenti al suo stile in ogni ambito del design e della comunicazione. Il suo caratteristico stile mutuato dal retino tipografico, il suo utilizzo del fumetto in ambito pittorico, le sue rivisitazioni pop dell’arte del passato lontano e recente sono entrate non solo nella storia dell’arte del Novecento, ma nell’immaginario collettivo anche delle nuove generazioni, stampati all’infinito su poster e oggetti di consumo.

La prima parte della mostra è dedicata alla stagione iniziale della Pop Art, quegli anni fra il 1960 e il 1965 in cui nascono le icone di Roy Lichtenstein tratte dal mondo dei fumetti e della pubblicità. La mostra è poi punteggiata da alcune serie di fotografie che ritraggono l’artista all’opera nel suo studio. Gli autori sono due protagonisti della fotografia d’arte italiana, Ugo Mulas e Aurelio Amendola, che, in diversi momenti, hanno ritratto Lichtenstein: in questo modo non solo si può entrare nell’officina dell’artista, ma anche leggere il rapporto che sempre ha legato la cultura italiana al pittore

Per informazioni: www.magnanirocca.it/lichtenstein

Jon Rafman. Il viaggiatore mentale.

Il viaggiatore mentale è la prima mostra italiana di Jon Rafman; essa raccoglie una selezione di installazioni multimediali che ripercorrono la produzione dell’artista canadese a partire dal 2011 ad oggi. Servendosi di linguaggi e supporti diversi, che vanno dalla fotografia al video, dalla scultura all’installazione, Rafman indaga la fusione sempre più indistinta tra la realtà e la sua simulazione nella società contemporanea attraverso opere che confondono i confini tra il materiale e il virtuale, tra i corpi in carne e ossa e le loro repliche tecnologiche.

L’artista ha utilizzato Internet e le sue svariate comunità digitali anche come archivio di immagini per i video della sua trilogia Betamale Trilogy (realizzati tra il 2013 e il 2015), composta dalle installazioni Still Life (Betamale)Mainsqueeze Erysichthon presenti in mostra.

Rafman rappresenta con grande abilità l’ambiguo potere seduttivo della rete che sembra promettere libertà e mondi da scoprire, mentre in realtà imprigiona l’utente in uno spazio tracciato da algoritmi e da agenzie che ne elaborano i dati di navigazione per poi rivenderli. L’immersione in rete, anche nelle zone più nascoste del “deep web”, compiuta da Jon Rafman gli ha permesso di assumere le vesti dell’antropologo amatoriale e del flâneur digitaleche indaga il collasso epistemico che si è realizzato negli ultimi anni, nell’azzeramento della distinzione tra il mondo virtuale e quello analogico, tra la realtà e la sua rappresentazione virtuale. Nei suoi video una voce fuori campopoetica e ipnotica accompagna sempre le immagini, provenienti da sequenze selezionate da Internet, da videogame o da forum di chat online.

Per informazioni: www.fondazionefotografia.org/mostra/jon-rafman-il-viaggiatore-mentale/

Kurokawa. Al-jabr (algebra)

Fondazione Modena arti visive presenta al-jabr (algebra), prima mostra personale in un’istituzione Italiana dell’artista giapponese Ryoichi Kurokawa. L’esposizione raccoglie alcune tra le produzioni recenti più significative di Kurokawa, attraverso un percorso multisensoriale caratterizzato da imponenti opere audiovisive, installazioni, sculture e stampe digitali.

Kurokawa descrive i suoi lavori come sculture “time-based”, ovvero un’arte fondata sullo scorrimento temporale, dove suono e immagine si uniscono in modo indivisibile. Il suo linguaggio audiovisivo alterna complessità e semplicità combinandole in una sintesi affascinante. Sinfonie di suoni che, in combinazione con paesaggi digitali generati al computer, cambiano il modo in cui lo spettatore percepisce il reale. Il concetto di unione delle parti rappresenta il tema chiave della mostra, a cui si richiama il titolo al-jabr, radice araba da cui deriva il termine “algebra” la cui etimologia indica la ricomposizione delle parti di un insieme. Nelle opere in mostra si ripropongono concetti e metodologie quali la decostruzione e la conseguente ricostruzione di elementi naturali, la riunione di strutture divise, la rielaborazione di leggi e dati scientifici.

Ne costituisce un esempio la serie elementum (2018): fiori essiccati e pressati che hanno perso la loro bellezza originale sono riassemblati dall’artista e arricchiti da un intervento su vetro creato attraverso un processo di elaborazione digitale dell’immagine che sembra collegare i vari frammenti e dare al fiore nuova vita valorizzandone il processo di decadenza.

Per informazioni: www.comune.modena.it/galleria

Lodi per ogni ora. I corali francescani provenienti dalla Basilica di San Francesco

Nell’ambito del Festival Francescano X edizione, il Museo Civico Medievale propone un’esposizione dal titolo: Lodi per ogni ora. I corali francescani provenienti dalla Basilica di San Francesco.

La mostra presenta una nutrita selezione dei vari codici liturgici, realizzati tra il XIII e il XV secolo per la basilica bolognese di San Francesco, che attualmente fanno parte della ricca collezione di codici miniati del Museo Civico Medievale di Bologna. Tra questi si segnala la serie di preziosi graduali francescani riccamente miniati dal cosiddetto Maestro della Bibbia di Gerona, protagonista assoluto della decorazione libraria bolognese della fine del Duecento.

Fin dal Duecento l’illustrazione dei manoscritti ha costituito uno strumento espressivo essenziale per l’Ordine dei Frati Minori. Grazie alle scelte iconografiche e tematiche codificate dall’Ordine, le immagini dei libri francescani rappresentarono un elemento fondamentale per esaltare la figura del santo fondatore, offrendo una lettura in chiave strettamente cristologica della sua vita, che legittimava il ruolo di rinnovamento della Chiesa operato dalla Congregazione francescana.

In questa esposizione è possibile dunque apprezzare l’abilità tecnica e la profondità degli studi sul naturalismo e l’espressività in quest’arte così antica ed affascinante.

Per informazioni: www.museibologna.it/arteantica